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La realtà non è quella davanti ai nostri occhi. Questo è uno dei lasciti più importanti desunti dall’insegnamento di Jean Baudrillard, qui analizzato magistralmente da Vanni Codeluppi. Tanti gli spunti che ci lascia questo testo.




Ad esempio il fatto che l’esperire del reale passa inequivocabilmente attraverso i media. Ogni surrogato infatti di materialità viene veicolato primariamente da loro. Gli onnipresenti reality show hanno poi rinfocolato la mancanza d’idee dei media riguardo il reale. Sarebbe morta quindi ogni possibilità d’illusione. La realtà si è sviluppata talmente tanto come immagine, messaggio e tanto altro dovuto anche al digitale che è sparita. Non c’è più tempo di pensare su quello che ci accade davanti. Tutto è veicolato dai media. Le masse subiscono senza colpo ferire questo ammasso di comunicazione. Il digitale è considerato la più vera e più profonda realtà del vivere. In effetti però quello che conta rimane fuori da tali inquadrature. Jean Baudrillard aveva pensato che solo la fotografia analogica, tramite il tempo intercorrente tra lo scatto e lo sviluppo, avrebbe potuto sottrarre la realtà da questa dittatura di un tempo simultaneo e globale. Un altro pensiero desunto fagli ultimi suoi scritti veicola l'idea che ormai ci voglia un “ patto di lucidità “ che entri nei meccanismi dei media e favorisca un cambiamento.


- Stefano Taddei



Vanni Codeluppi


Jean Baudrillard


Feltrinelli, pp. 160

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Non si può certamente dire che Alberto Burri avesse un bel carattere. Non si può altresì affermare che ciò gli ha impedito di essere un protagonista dell’arte mondiale del Novecento. Da qui bisogna partire per comprendere appieno la valenza di questo testo. La prigionia ad Hareford durante la Seconda Guerra Mondiale fu il punto di snodo per Alberto Burri per dedicarsi alla pittura.




Schifato dagli uomini, abbandonò la medicina non cooperando con gli americani e si dedicò a soggetti figurativi. L'opera prima sarà del 1945 e denominata Texas. Il ritorno in Italia nel 1946, il trasferimento l'anno successivo a Roma e la presentazione di lavori legati all'informale nella mostra alla galleria “ La Margherita “ nel 1948 sono i primi episodi di una carriera folgorante. L'arte di Burri era distante anni luce dal dibattito italiano tra astrattisti e figurativi . In questo stava la sua peculiarità. Il 1949 lo vide visitare Parigi e lo stesso anno cominciarono le sperimentazioni più audaci, come l'uso dei sacchi. Alcuni fugaci passaggi nel gruppo “ Origine “ e “ Manifesto per la televisione “ non scalfirono il successo solitario che sarebbe arrivato nei primi anni Cinquanta negli Usa. Un magistero che rimane tuttora intoccabile. Nel libro vari anedotti, anche sui paroloni usati dalla critica d'arte e che, quasi sempre, per l'autore non hanno centrato il segno. Vedi il riferimento alle garze e al sangue della sua ex professione di medico. Poi altri giudizi duri, vedi quelli rivolti al Dada, a Rauschenberg, a Tàpies, alla Transavanguardia o verso i giovani artisti. Altresì una grandissima fede in quel fare pittorico pittura che deve rispondere ai canoni di composizione e proporzione. Senza dimenticare tangenze con la scultura, vedi i Gobbi o il Cretto bianco di Gibellina. Una vita insomma continuamente sperimentante, sia materialmente che esteticamente.


- Stefano Taddei



Stefano Zorzi


Parola di Burri I pensieri di una vita


Mondadori Electa, pp. 112

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La tragica fine della vicenda umana di Francesca Alinovi ha certamente oscurato la grande vitalità critica della sua vita. Questo testo – comprendente una raccolta di articoli apparsi su riviste, giornali e cataloghi dal 1976 al 1983 - cerca di restituire la giusta dignità a tale peculiare percorso snodatosi tra la fine degli anni Settanta e l’inizio del decennio successivo.




Bologna, in quel lasso di tempo, era in un periodo d’oro dal punto di vista delle ricerche in vari campi artistici. Il libro in questione è una ricerca che presenta parecchi e rilevanti testi scritti dalla studiosa nelle sue scorribande critiche. Alcuni di questi testi sono inediti. Il libro restituisce una radicale impresa critica che ha visto Francesca Alinovi muoversi tra varie ricerche e differenti ambiti territoriali. Non mancano gli scritti sull’Enfatismo, movimento accompagnato fin dagli albori dalla critica d’arte presso la galleria Neon ( 1981-1983 ) e che trova nel libro una pregevole nota da parte di uno dei protagonisti, Ivo Bonacorsi. Bologna, come si scriveva prima, era un fulcro di notevoli sperimentazioni artistiche. Tutto ciò non poteva che trovare il proprio riferimento oltreoceano in New York. In ambito internazionale si muove Francesca Alinovi, organizzando tra l’altro le Settimane Internazionali della Performance dal 1977 al 1982. Tanti artisti gravitano attorno a lei, senza dimenticare lo scouting che fece per e con certi artisti americani ai più sconosciuti. Italian Wave, mostra organizzata presso la Holly Solomon Gallery di New York nel 1980, è solo uno di altri capitoli come quello postumo ma da lei ideato della rassegna Arte di frontiera. New York graffiti alla Galleria d’Arte Modena di Bologna nel 1984. Una sensibilità peculiare quella di Francesca Alinovi, che seppe coniugarsi con altre realtà del periodo. Purtroppo la studiosa non poté cogliere appieno quanto seminato copiosamente.


- Stefano Taddei



Francesca Alinovi


a cura di Matteo Bergamini e Veronica Santi


postmedia books, pp. 320

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