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Spesso ci sentiamo circondati da un profluvio di rappresentazioni che ci appaiono le uniche sensate. Niente di più sbagliato. E' quanto ci racconta nella propria mostra personale Luca Lanzi.




ORBITA, 2019, pigmento blu su carta japan applicata su tela,107x96cm


L'autore presenta una serie di opere in cui il reale viene evitato per andare più al succo dell'essere al mondo. Ecco quindi che in mostra si possono trovare differenti elaborazioni che vertono tutte su un unico viatico d'indagine: l'archetipo. Tale riferimento ineludibile ci presenta una sospensione dal normale fluire immaginifico dell'attualità.




GORGONE, 2018, terracotta filo cera d'api, 24x18x120cm






Qui ci si confronta con il sostrato più autenticamente misterioso dello stare al mondo, dove le rappresentazioni sono fluide perché non hanno ragione di essere stabilizzanti. Una grande immagine, non circoscrivibile ad un mero referente, attraversa la storia del mondo, un immenso mistero se si delinea in tantissimi rivoli di senso.



FETICCIO, 2018, terracotta e gesso


Unificare questo retroterra culturale è impossibile, oltre che inutile. Luca Lanzi ci propone elaborazioni in cui l'ideale supera il reale. Tale modalità estetica si rivolge ad un'origine che trasvaluta tutti i passaggi temporali del passato e del presente. Anche il futuro ci appare meno fosco se sappiamo rivolgerci a questo magma creativo che parla della nostra, plurisecolare, umanità.


- Stefano Taddei


Fino al 26 febbraio


L’ARIETE artecontemporanea


Via D’Azeglio 42


Bologna



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“ Mi interessa solo la musica. Quando tutto questo sarà finito, ciò che rimarrà saranno le canzoni”. Come dare torto a Noel Gallagher ? La storia musicale degli Oasis è terminata ma rimarrà un capitolo della musica rock indimenticabile. Questo documentario lo certifica ampiamente.



Cresciuti nel Madchester di fine anni Ottanta-inizio Novanta che tanto stava infiammando la Gran Bretagna del periodo, il gruppo ha saputo rinverdire una musica giovanile che stava scemando in quella rave. Tale docufilm ne segue proprio i primi passi e l’arrivo al successo. Il 10 e 11 agosto 1996 a Knebworth Park gli Oasis furono protagonisti di un concerto con oltre trecentomila spettatori. Quelle giornate furono il culmine ma anche l’inizio della crisi per la compagine britannica. Un gruppo, gli Oasis, costruito sulle dinamiche interne e pubbliche dei fratelli Gallagher. Nel filmato la testimonianza della madre cerca di dipanare i fili complessi di un confronto/scontro che è stato uno degli ingredienti del successo della band. Chiudono il filmato alcune, indicative, dichiarazioni postume su quanto successo. Gli Oasis hanno rappresentato un capitolo imprescindibile di un certo rock strafottente, ironico, controverso, polemico e ribelle che si faticherà a ritrovare al successo planetario in tempi, ormai lunghissimi e sempre più nauseanti, di arido politicamente corretto.


- Stefano Taddei


Mat Whitecross

Oasis: Supersonic

Lucky Red, 122 min

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Ci sono sempre degli snodi imprescindibili. Senza questi mutamenti di tragitto non ci troveremmo nella congiuntura attuale. Volenti o nolenti bisogna perciò confrontarvisi. E’ quello che fa l’autore di tale testo.




1915, attuale San Pietroburgo. Appare in un’esposizione, nell’angolo tra due pareti e il soffitto, denominato Quadrangolo, un dipinto con un semplice quadrato nero su fondo bianco. La posizione è quella che, nelle case russe, è adibita all’immagine sacra. L’opera è di Kazimir Malevič ed egli cerca di esprimere “ un’opera di pittura pura “. Nel testo ci si premura di raccontare come l’autore arrivò a tele concezione “ suprematista “, un misto di rigore e ascesi. In seguito l’artista, durante gli anni Venti, arriverà al Quadrato bianco e alla purezza del pensiero. Tali insegnamenti, anche se saranno boicottati dal regime sovietico, non possono non ricordarci quello che sperimenteranno in seguito, ad esempio, Robert Rauschenberg, John Cage o Yves Klein. Si passa quindi ad investigare la figura di Marcel Duchamp. Sottrarre un oggetto dal mondo di tutti e proporne una nuova idea sono i nuovi paradigmi per fare arte dopo Fountain del 1917. L’ironia e un grande senso di libertà stanno dietro ad un’esistenza, quella di Duchamp, certamente unica. L’opera rimarrà nascosta per tanto tempo ma saprà avere le giuste corrispondenze col proseguo della ricerca artistica durante il secolo. E’ la volta di John Cage. Fuori dall’arte e dentro la vita portò, nel 1952, l’esecuzione di 4'33". I White Paintings di Robert Rauschenberg furono, senza dubbio, un grande insegnamento ma anche tanto pensiero orientale. Il movimento Fluxus si rifarà a tale magistero e John Cage vi farà continuamente riferimento per il resto della propria vita. Erased de Kooning Drawing ( 1953 ) riporta in gioco Robert Rauschenberg, il suo muoversi nell’ambito dell’espressionismo astratto e di confrontarsi con un grande protagonista di tale stagione ma di cercare di andare oltre, verso i limiti del fare artistico. Nel testo si fanno confronti con altre sue opere del periodo o con John Cage e altri autori. I suoi Combines saranno una prosecuzione di quanto fatto in precedenza. Yves Klein invece, nel 1958 a Parigi, presentò Le Vide. Creando opere invisibili e cercando anche di venderle sembra di arrivare ad un non plus ultra. In realtà è la sua aura di personaggio che ne fa un unicum nel panorama dell’arte del Novecento, stando sempre in bilico tra spiritualità e mondo della comunicazione. Piero Manzoni, con le sue numerose trovate, pare invece indicarci che la vita di un autore si può riverberare in modo mitico su tutta la produzione di una breve, ma intensa, parabola esistenziale e creativa. Le Brillo Boxes ( 1964 ) di Andy Warhol hanno certificato che l’arte si può trovare ovunque, anche nei vituperati supermercati. Tra immagini comuni e alte qui non appare differenza. Il vuoto che ci ha proposto Andy Warhol è, in realtà, il pieno della comunicazione. Questo passaggio investe ancora la nostra realtà e l’operare artistico. Secondo l’autore del testo ci troviamo in una congiuntura in cui l’arte sembra sempre più un bene di lusso, quindi per pochi. In realtà la vera ricerca è metafora che va investigata da parte del pubblico, il più ampio possibile. Cercare di declinare tutto questo nella vita di tutti i giorni fa in modo che l’arte viva ancora nella contemporaneità. Anche in congiunture in cui essa pare quasi morta.

- Stefano Taddei


Luigi Bonfante

Catastrofi d’arte Storie di opere che hanno diviso il Novecento

Johan & Levi Editore, pp. 184

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