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Aldo Marroni, L’arte ansiosa Perché non ci sono né artisti né arte, Bruno Mondadori/Pearson Italia

Aggiornamento: 9 giu 2021

L’arte, pur non lasciandovi segni pregnanti, vive le follie della congiuntura contemporanea.






In tale situazione è abbastanza normale che gli autori permangano solo immettendo le proprie ricerche in questo alveo senza alcun navigatore. Durante il Novecento, ma principalmente dopo il Secondo Dopoguerra, l’arte si è presentata come contemporanea per una rottura profonda con il passato più recente o quello di derivazione classica. Il problema è che mancano tuttora demarcazioni certe su tali ricerche. Cosa fa di loro l’essere contemporanee? Qui l’estetica manca di precisione, forse perché troppo legata a stilemi del passato, mentre l’arte brancola nel buio di una creatività che forse si è spinta troppo avanti per essere circoscrivibile. Tutto ciò porta ad un notevole stato ansioso di tali discipline. Partendo da questa congiuntura l’autore mostra come questa situazione porti parecchie conseguenze nell’attualità .Si respira ovunque infatti un senso estetico diffuso che crea ancora più difficoltà nel demarcare l’artistico. Sembra poi che per essere contemporanei si debba proporre uno scarto nel flusso della contingenza. L’arte contemporanea ha abdicato all’educare la società, si è fatto in un certo senso muta, brancolando tra arte totale e non-opera. In questo ultimo campo è stata sostenuta unicamente dal pensiero ma in questa incertezza si è fatta inghiottire dall’ansia. Il contemporaneo ha poi proposto nuove esemplificazioni rispetto a cosa è arte e cosa no, all’originale e all’autentico ma pure su cosa è inespressivo e inautentico. Ciò ha portato autori come Francis Bacon, muovendosi nel solco della tradizione, a proporre un eccesso di sensibilità e dare corpo visibile a delle forze del sistema nervoso prima invisibili. Poi il libro rende conto del concetto di simulacro, dove l’arte trova sempre possibilità esemplificative. Immettersi in tale flusso, mostrarne le incongruenze, può essere lascito importante all’umanità per comprendere meglio il nostro presente. La prevaricazione della mente dell’uomo da parte della tecnologia, una natura con cui raffrontarsi continuamente e talmente grande e altra da essere molto vicino ad un nuovo sublime, ha desacralizzato possibilità di sopravvivenza di concezioni di creatività plurisecolari. Arte e filosofia, particolarmente da Hegel in poi, hanno avuto un conflitto che si è esteso fin al contemporaneo. Con l’Arte concettuale la ricerca si è smaterializzata e si è fatta mero concetto. Ciò non è ancora finito visto che anche nelle ricerche più recenti la cosa-opera ha perso terreno rispetto all’idea. Pare sotto ai nostri occhi essere andata in scena una sorta di vendetta dell’arte sulla filosofia. Anche il Minimalismo si pose come alternativa a certe concezioni espressive precedenti, anche se mantenne, facendone il tutto, l’oggetto artistico. Qui, nonostante roboanti proclami di certi suoi protagonisti, si continua però a cercare una relazione, anche indebolendo la referenza. Il cattivo gusto e il falso sono poi entrati prepotentemente nella società, dove è ben presente anche il kitsch. In mezzo anche a queste opere inautentiche pare che l’uomo possa trovare una sorta di anelito di contentezza. Ciò lo eleva, anche solo per un poco, dalla sua situazione ansiosa. Il soggetto può prestare attenzione a questi oggetti e da lì si può creare una relazione foriera d’avvenire, anche per l’arte contemporanea.


Stefano Taddei





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